1. Il lavoro con il web è difficile, soprattutto quando devi spiegarlo a qualcuno
“Non hai veramente capito qualcosa finché non sei in grado di spiegarlo a tua nonna” (Albert Einstein)
Chi lavora nel digitale si trova spesso a spiegare quali siano i suoi compiti ai non-addetti ai lavori.
Non è un’impresa semplice quando ti trovi a raccontarlo alla nonna, ma la vera difficoltà sta nel farlo comprendere.
Il fatto che la professione sia indicata in inglese, poi, non aiuta affatto: le espressioni “Social media manager”, “Project manager”, “Digital strategist” non sono (degnamente) traducibili in italiano.
E così, siamo ancora in troppi a rimanere “quello/a che lavora col computer”, per i conoscenti.
Per questo motivo, dopo aver letto l’ennesimo articolo a tema “tool per project manager”, vorremmo provare a raccontare noi il ruolo del project manager.
*Spoiler* Non parleremo di tool, perché fare il project manager non è solo una questione di tool, anzi.
2. Cosa fa un project manager?
ll project manager è un capo che coordina e controlla il copy, il grafico, lo sviluppatore e l’account, per far sì che tutti lavorino al massimo delle possibilità?
Non solo, ma anche!
Il project manager è una figura che ha la responsabilità generale dei progetti seguiti dall’agenzia o dall’azienda.
Questa figura, quindi, è responsabile:
- della qualità del lavoro del team;
- dei risultati;
- delle tempistiche di consegna o di raggiungimento degli obiettivi;
- della soddisfazione del cliente (o dei vertici aziendali).
Le sue responsabilità si declinano in una serie di attività da svolgere a stretto contatto con gli altri colleghi, che lo riconoscono come team leader.
Il project manager, quindi, non dovrebbe essere visto come il capo bruttoecattivo e autoritario: serve autorevolezza, non autorità.
L’autorevolezza che dovrebbe guadagnarsi gli servirà a essere visto da tutti i membri della squadra come una figura di riferimento con cui interloquire e a cui, eventualmente, esprimere eventuali dubbi o problemi, senza timore.
Al project manager, però, serve anche un carattere deciso, che gli permetta di rimanere un primus inter pares e non “uno dei tanti”: è comunque il responsabile, ricordiamolo.
Infatti, se qualcuno del team non è allineato con le tempistiche o sta svolgendo un lavoro non consono agli accordi, sta al project manager fare la parte meno piacevole e agire con fermezza, cercando di sollecitarlo affinché si riallinei con gli obiettivi.
Non è cattiveria, fa parte del lavoro.
Per citare un celebre film di Sergio Leone:
“It’s a dirty job, but somebody’s gotta do it” ( “È uno sporco lavoro, ma qualcuno lo deve pur fare”).
3. Cosa succederebbe se il project manager non fosse presente?
Proviamo a spiegarlo con un esempio a tema musicale.
Immagina di essere all’opera e che il cantante parta con notevole ritardo nell’esecuzione del brano, mentre tutti gli altri sono perfettamente allineati e suonano a tempo.
In questo caso, è rilevante che 39 persone su 40 stiano lavorando perfettamente e che vadano a tempo? Ahinoi, no.
Il risultato sarebbe pessimo, perché basta che un singolo non sia “sul pezzo” per rovinare il brano. Ecco, lo stesso vale nei progetti.
Il project manager è come il direttore d’orchestra: insegna ad andare a tempo, coordina tutte le risorse, le segue nell’esecuzione, cerca di prevenire “fallimenti” e ci mette la faccia quando si presenta al pubblico.
Non è ancora chiaro come lavora il project manager e quali mansioni svolge, coordinamento delle risorse a parte? Vediamo le fasi del suo lavoro.
4. Le fasi del lavoro di un project manager
Il lavoro di un project manager inizia molto presto, ancora prima che esista un progetto.
Sarà il project manager, infatti, a essere chiamato in causa per valutare se si possa avviare una collaborazione con i clienti, studiandone le caratteristiche ed esplorandone le possibilità: è il cosiddetto “piano di fattibilità”.
Solo se gli obiettivi sono considerati raggiungibili e se le risorse lo permettono, il project manager delinea un project plan (il piano di progetto).
La pianificazione del progetto comprende: definizione dei costi, definizione degli obiettivi, definizione di una timeline per il raggiungimento di singoli obiettivi e, infine, la definizione delle risorse umane da coinvolgere.
La fase esecutiva, sempre in capo al project manager, inizia con una o più riunioni con le risorse designate per il progetto, per stabilire gli obiettivi dei singoli professionisti, le procedure operative e le date di scadenza.
Alla fase esecutiva si affianca sempre la fase di controllo, che è quella che abbiamo spiegato poco fa.
Aggiungiamo, però, che il controllo non è solo sulle risorse umane impiegate, ma anche sui numeri e sui risultati che si ottengono via via.
Infine, se tutte le fasi precedenti sono andate al meglio – ed è questo uno dei suoi obiettivi – il project manager riunisce tutto il team e valuta il progetto nel suo insieme, cercando di capire se vada migliorato o perfezionato qualcosa.
Terminata anche questa operazione, il progetto viene presentato o consegnato al committente.
5. Il mindset necessario per essere un buon project manager
Ora che abbiamo visto il “cosa”, vediamo di occuparci del “come”.
Il web pullula di articoli che consigliano questo e l’altro tool “fondamentali per un project manager” ma, i tool sono una piccola parte della punta dell’iceberg.
Fare il project manager è questione di mindset, organizzazione e memoria. I tool possono aiutare, ma non sono indispensabili.
Vediamo quali sono i principali requisiti caratteriali (quelle che chiamano “soft skills” ma che, nel caso del project manager, diventano “hard skills”).
Un buon project manager:
- è dotato di una grande dose di empatia, che gli permetta di cogliere le aspettative (e anche le paure e i dubbi) del cliente e dei suoi collaboratori e di favorire uno scambio sereno e trasparente tra tutti;
- sa ascoltare e ascolta anche chi non parla. È capace, cioè, di cogliere indizi di possibili problemi e di affrontarli in modo positivo e risolutivo;
- è pro-positivo. Non solo delinea il progetto, ma si attiva al meglio, in ogni momento, per portarlo a termine con successo;
- è attento al cliente, al progetto, alle persone;
- è preciso e ha grandi doti organizzative;
- definisce le priorità e compiti chiari per ognuno;
- ha una memoria eccellente;
- conosce ogni ambito della comunicazione;
- è determinato, ma umile;
- ha l’attitudine allo studio continuo;
- sa gestire eventuali discussioni o tensioni, mantenendo la calma e la lucidità;
- reagisce in modo ragionato e strategico a possibili problemi imprevisti, in tempi rapidi;
- accetta e abbraccia i cambiamenti, cogliendone le possibilità nascoste;
- sa focalizzarsi sia sull’insieme, sia sul dettaglio;
- sa scegliere le risorse da dedicare a quel progetto e le conosce bene;
- è focalizzato sugli obiettivi;
- conosce le caratteristiche, le difficoltà e le opportunità del lavoro degli altri e sa supportarli quando necessario;
- è pronto ad assumersi le sue responsabilità e, al tempo stesso, condivide i successi con il team.
Tutte queste caratteristiche non devono essere dichiarate, ma messe in pratica, sempre.
Questo non dev’essere uno sforzo. La lista dovrebbe rispecchiare un’attitudine naturale che si può rafforzare, ma dev’essere già insita nella persona.
Non tutti siamo portati al ruolo di manager e non c’è niente di male in questo!
Ovviamente, tutte le doti personali vanno accompagnate all’esperienza necessaria in materia, che non abbiamo nemmeno citato perché è ovvia, visti i suoi compiti.
Concludendo, vuoi fare il project manager?
Ricordati sempre che i tool sono strumenti.
Uno strumento aiuta molto nel lavoro, ma non colma l’assenza delle competenze di chi deve svolgerlo.

Copywriter & Digital Strategist freelance.
Appassionata di psicologia della comunicazione, scrive per emozionare.
È convinta che non si possa vendere senza aver emozionato.